Con la partenza dell’ultimo detenuto, il bisonte americano Arturo, è arrivato il momento della definitiva e finale chiusura di quel luogo di tragica solitudine e prigionia che è stato lo zoo di Cavriglia, in provincia di Arezzo.
Lo zoo di Cavriglia ha origini molto lontane nel tempo. Nasce alla fine degli anni ’70, per cementare i rapporti tra il comune di Cavriglia (AR) e l’ex URSS. Nel 1975, l’orso siberiano Bruno giunse in dono dallo zoo di Tallin, per onorare la memoria di un partigiano comunista caduto nella Seconda Guerra Mondiale: non lasciò mai più quel luogo, morendo per eutanasia quarant’anni dopo, nel 2016, ma divenendo un vero e proprio simbolo di chi lotta per la libertà.
Per lunghi decenni prigionieri e futuri detenuti hanno solcato mari e cieli per giungere a Cavriglia. Nel 2009, con la morte dei suoi due compagni, Bruno rimase l’unico inquilino della sua gabbia.
Il caso di Arturo, maestoso quanto solitario bisonte americano, era diventato un vero e proprio caso politico nel 2016, quando il Comune e gli attivisti che si sono occupati della liberazione e dello smantellamento dello zoo avevano ingaggiato un’estenuante lotta per il luogo del trasferimento.
Lunedì 12 febbraio il momento di Arturo è finalmente giunto: è stato prelevato per essere condotto in un parco rifugio nelle Marche, dove potrà finalmente un’esistenza più stimolante e viva, insieme con altri animali salvati da sofferenze e sfruttamento.
La battaglia delle attiviste e degli attivisti è cominciata nel 2014 e, da allora, più di 50 animali sono stati condotti in rifugi e santuari: dai 18 macachi trasferiti in Olanda, presso il Rescue Animal Center di Almere fino ad Arturo, l’ultimo rimasto, ora anch’esso salvo e al sicuro.
Solamente Bruno, l’orso “comunista”, soprannominato così dalla stampa in riferimento alle sue origini sovietiche, il vero simbolo di questa aspra lotta di liberazione, manca all’appello. Forse è un bene, poiché proprio lui sarebbe stato l’unico prigioniero a non essere trasferito, a causa dei suoi 38 anni e della sua precaria condizione di salute.
Eppure Bruno vive, vive in questa vittoria dal sapore amaro. Amaro, perché se lo zoo di Cavriglia è stato il primo in Italia a chiudere grazie alle pressioni di attivisti e animalisti, ce ne sono molti altri ancora attivi.
Amara, ma pur sempre una vittoria