Decrescita felice: un movimento che promuove il ritorno all’essenziale
Siamo felici di ospitare nel salotto virtuale di Natureat per la rubrica WOMAN_VEG: Samanta Airoldi, filosofa, scrittrice e web content writer, vegana, ecologista e seguace della Decrescita Felice. Nata a Genova nel 1984, ha conseguito Laurea e Dottorato di Ricerca in Filosofia ad indirizzo Etico Politico. Da sempre attiva nell’ambito del volontariato e della Politica dal basso, nel 2016 è diventata Vegana e ha scelto di abbracciare la Decrescita Felice. Oggi vive a Milano, in un piccolissimo monolocale. Lavora come web content writer per blog che si occupano di promuovere la filosofia vegana e i piccoli produttori locali. Acquista il suo cibo solo dai contadini o nelle piccole botteghe di quartiere.
Ha pubblicato 5 libri:
- Pillole di Filofollesofia
- Tutto cominciò con una mela
- Sofia nel Paese dei nuovi Mostri
- La rivoluzione comincia dal piatto
- In cucina con Sofia
Attraverso questo articolo ci spiegherà che cos’è la decrescita felice e perchè secondo lei un vegano dovrebbe seguirla.
Buona Lettura..
Decrescita Felice
Sembra un ossimoro l’accostamento “decrescita” e “felice”. Infatti la società moderna, industriale, ci ha abituati a pensare che la felicità consista nell’avere tutto ciò che si desidera. Ma il punto è: desideriamo davvero tutto ciò che abbiamo? O forse siamo stati indotti a credere di desiderare ciò di cui non abbiamo né bisogno né reale desiderio? La Decrescita Felice è una filosofia di vita. Si basa sulla scelta di riappropriarsi della propria vita, di tornare ad essere attori e non comparse sullo sfondo.
Con il termina “decrescita felice” s’intende un movimento che promuove il ritorno all’essenziale. Si cerca, quanto più possibile, di vivere soddisfacendo i bisogni primari, quelli reali come nutrirsi, avere un tetto e abiti per proteggersi dal freddo e dall’arsura. Si rifiutano i bisogni secondari indotti, cioè quei finti bisogni creati “ad hoc” per ragioni di marketing.
Chi sceglie di vivere secondo la Decrescita Felice rifiuta il superfluo. Poi, certo, ci sono vari gradi, vari step all’interno di questo percorso. C’è chi riesce a vivere senza automobile e a coltivare il proprio cibo nell’orto domestico. Chi, invece, per ragioni lavorative o familiari non può fare a meno dell’auto ma, comunque, limita il superfluo in altri settori.
E’ il tentativo di creare un modo di vivere alternativo al capitalismo imperante che ha trovato il suo successo nel consumismo sfrenato. Non solo: è un ritorno alla consapevolezza e, per uesto, è “felice”. Felice perché non è un’imposizione ma una scelta di tornare ad una dimensione naturale, essenziale. La scelta di riscoprire in cosa consiste la vera ricchezza, che cosa dà la vera felicità. La scelta di emanciparsi da bisogni finti che ci rendono schiavi degli oggetti e schiavi del lavoro.
Veganismo e Decrescita Felice
Non tutti i vegani seguono la Decrescita Felice. E non tutti coloro che abbracciano la Decrescita Felice sono vegani. Eppure i due ambiti, a mio avviso, sono inscindibili se si vuole produrre un cambiamento effettivo, concreto, tangibile. Anche il Veganismo è una filosofia di vita che parte dal piatto per arrivare molto oltre. La filosofia Vegan riguarda non solo l’etica ma anche l’ecologia, la politica, l’economia.
Scegliere di non nutrirsi di prodotti animali significa scegliere non solo di smettere di uccidere vite innocenti ma anche smettere di contribuire alla distruzione del pianeta, ai cambiamenti climatici. Significa scegliere di alimentare il business economico che ruota intorno agli allevamenti intensivi. Significa non alimentare lo sfruttamento di terreni sottratti alle popolazioni per coltivare monocolture di soia e mais destinati ad alimentare gli animali imprigionati negli allevamenti.
Tanto il Veganismo quanto la Decrescita Felice vogliono una società diversa, basata su un modello alternativo, ben distante da quello attuale. Un modello dove non c’è spazio per lo sfruttamento né degli animali, né dell’ambiente, nè della manodopera.
Essere vegani consumisti significa non cogliere i problemi sociali nella loro complessità, significa vivere “a compartimenti stagni” ed essere destinati a non produrre alcun cambiamento reale. Stesso discorso vale per chi segue la Decrescita continuando a cibarsi di animali e derivati.
Affinché il cambiamento sia di ampia portata si deve ribaltare il meccanismo economico, il sistema di produzione. L’etica è importante ma la società ruota intorno all’Economia.
Come iniziare a vivere secondo la decrescita felice
- Il primo passo è chiedersi ogni mattina “di cosa ho bisogno per essere felice?”. Ci stupiremo di quanto poco ci basti per stare bene.
- Il secondo step è liberarsi di ciò che non serve, di ciò che ci ruba spazio fisico e mentale, che ci sottrae energia vitale. Non ci servono abiti nuovi se i vecchi sono in buono stato. Non ci serve un frigorifero colmo di cibo che andrà gettato via. Non ci servono 3 automobili.
- Anche la scelta del cibo deve basarsi sul principio dell’essenziale. Chiedersi “cosa davvero serve al mio organismo per essere sano?” Non ci serve nutrirci di altre vite per stare in salute! Non ci serve l’alcool, non ci servono cibi già pronti ed elaborati. La natura ci ha messo a disposizione tutto ciò che davvero ci serve. Non ci serve avere di più dell’essenziale. Ci serve essere più consapevoli, più in contatto con noi stessi. Ci serve vivere in armonia con le nostre idee e i nostri valori.
- Se possibile coltivare il proprio cibo nell’orto domestico. Se non è possibile si può fare richiesta di un orto urbano da condividere con altre persone. Se nemmeno questo è possibile scegliere di boicottare la grande distribuzione e preferire comprare direttamente dai piccoli produttori locali.
- Non ci servono 10 prodotti per l’igiene personale e domestica: vi stupirete ma con un unico sapone si può lavare tutta la casa. E con un unico sapone possiamo lavare noi stessi da capo a piedi.
Questa scelta di vita non solo ci farà consumare meno ma, in termini pratici, ci farà risparmiare. Ciò comporta che non avremo più bisogno di lavorare 8 ore al giorno, svolgendo, magari, un mestiere ben lontano dalle nostre naturali propensioni. Potremo lavorare part time o abbandonare del tutto il lavoro per dedicarci ad una professione in sintonia con le nostre aspirazioni.
Smetteremo di essere “macchine da produzione”, smetteremo di essere schiavi del mercato. Inizieremo ad essere consapevoli e a scegliere cosa ci serve e cosa no. E, vi assicuro, questa è la vera felicità!
Leggi tutti gli articoli e interviste della rubrica woman_veg